Inevitabilmente, quando iniziamo qualcosa di nuovo, la paura del fallimento è dietro l’angolo. In questo post qualche spunto su come affrontarlo e, forse, sbarazzarsi di questa paura una volta per tutte

Fallire fa parte della vita, dai fallimenti si impara, dai fallimenti si possono aprire nuove strade, se si sa come fare.

Questo tema me lo ha ispirato un libro che in questi giorni ho ripreso in mano: Fallisci, fallisci ancora, fallisci meglio, di Pema Chodron, in questo post ti faccio una mia “libera” sintesi.

Fallisci, fallisci ancora, fallisci meglio

La Grande Onda al largo di Kanagawa – Katsushika Hokusai

Se arrivi fino in fondo scoprirai anche perché ho usato questo quadro di Hokusai.😊 Il libro lo trovi qui e si legge in un paio d’ore, ma i più pigri trovano qui un estratto 😉

Nessuno sa mai cosa sta per accadere, i periodi di transizione da qualcosa di stabile a qualcosa di incerto sono periodi di grande potenzialità.

Preparati bene, conosci la tua materia e poi buttati, senza appunti. Se anche ti sarà chiaro ciò che vuoi fare, non avrai nessun indizio su come andrà realmente.

Si mette un sacco di enfasi sul successo, tutti vogliamo avere successo, inteso come “le cose vanno proprio nel modo in cui voglio”. Fallire, stando a questa definizione, vuol dire che le cose non sono andate nel modo desiderato.

Ma come affrontare l’asprezza delle cose quando non vanno come vorremmo? Bisogna diventare bravi a dare il benvenuto all’indesiderato.

Come fallire?

Non riusciamo a trovare il lavoro che vorremmo, non riusciamo ad avere una relazione appagante, il nostro conto in banca si assottiglia o, come spesso accade, abbiamo la sensazione che tutte le cose procedano in una direzione diversa da quella che ci aspettavamo. Qualsiasi situazione in cui le cose non vanno come vorremmo la consideriamo un fallimento, qualcosa che ci è accaduto.

Normalmente ci sono due modi in cui affrontiamo una cosa del genere.

Diamo la colpa a qualcuno o a qualcos’altro: il nostro capo, il nostro compagno o qualsiasi altra cosa. Ci allontaniamo dal dolore, dalla vulnerabilità del nostro cuore, incolpando qualcuno o qualcosa.

L’altra cosa molto comune è che ci sentiamo davvero male con noi stessi e ci etichettiamo come “un fallimento”. Abbiamo la sensazione che ci sia qualcosa di fondamentalmente sbagliato in noi, qualcosa di sostanzialmente sbagliato.

Uno dei modi per tirarsi su o per aiutarsi a reggere è chiedersi cosa accade davvero quando c’è un fallimento?

James Joyce nell’Ulisse scrive che il fallimento può portare a una scoperta, lui usa la parola errore, ma il senso è quello.
-Gli errori possono essere gli ingressi verso una scoperta-, in altre parole gli errori sono le porte verso la creatività, verso l’apprendimento di qualcosa di nuovo, verso uno sguardo inconsueto delle cose. A questo punto diventa difficile dire cosa sia un fallimento e cosa sia qualcosa che sta semplicemente spostando la tua vita in una nuova direzione.

Una storia tibetana ambientata nel Tibet rurale del secolo XVIII o XIX.

Una coppia anziana, un uomo e una donna hanno due cose che considerano estremamente preziose: il cavallo e il figlio. La ragione per cui il cavallo e il figlio sono così preziosi e che ne hanno bisogno per sopravvivere, coltivare la terra, e occuparsi di tutto ciò che deve essere fatto. Il cavallo fa un sacco di lavoro, e così anche il figlio.

Vivono in un piccolo villaggio e il cavallo, uno stallone ben addestrato, fugge. La moglie e tutta la gente del villaggio dicono: “Oh mio Dio! Questa è di sicuro la cosa peggiore che poteva capitare.È terribile. Questa è la cosa peggiore.

E il vecchio dice “Forse sì, forse no”

Il giorno dopo il cavallo torna con una giumenta.

Ecco perchè era scappato. Quindi è tornato con una giumenta e ora hanno due cavalli. La donna e tutta la gente del villaggio dicono” Oh! Questa è la cosa migliore che poteva capitare. È una grande fortuna. Adesso hanno due cavalli, è incredibile! È meraviglioso!”

E il vecchio dice: “Forse sì, forse no”

Il giorno dopo il figlio decide che si deve domare la giumenta perché è una cavalla selvatica, ma cercando di domarle viene disarcionato e si rompe una gamba.

Potrete immaginare cosa dicono la donna e il resto del villaggio: “Mio Dio. Perché? È la cosa peggiore che potesse capitare. Questa è una vera sciagura.”

E adesso sai anche cosa dice il vecchio:“Forse sì, forse no”

Il giorno dopo arriva l’esercito e porta via tutti gli uomini abili per combattere la guerra. La donna e gli abitanti del villaggio non hanno ancora recepito il messaggio, sono ancora spinti dalle circostanze esterne. Quando sono positive gioiscono, Quando sono negative sentono che la loro vita è distrutta.

Ma il vecchio dice: “Forse sì, forse no”…

La storia termina qui ma potrebbe andare avanti all’infinito.

Quando le cose non vanno come vorresti, invece che etichettarti come un “fallimento” e di pensare che c’è qualcosa che non va in te, forse potresti chiederti cosa sta succedendo e, se ti ricorderai il vecchio, comprenderai che non sai mai dove ti può portare una cosa che sta succedendo.

Diventa curioso, riguardo alle circostanze esteriori e su come ti influenzano, nota cosa rivelano le parole e qual è la tua discussione interiore: questa è la chiave.

Se ci sono molte affermazioni come “sono terribile”, “sono sbagliat*” notalo in qualche modo e forse si attenuerà un po’.

Puoi dirti: “Cosa sto sentendo? Forse ciò che sta accadendo non è un fallimento, sto solo soffrendo, sto solo soffrendo, è solo questo.” Questa è l’occasione per diventare curiosi riguardo a ciò che sta accadendo e prestare attenzione agli “intrecci”.

Diventa davvero curios* rispetto a quella situazione che possiamo chiamare fallimento, quel genere di dolorosa sensazione viscerale di essere andati in malora, di avere fallito, di avere sbagliato qualcosa o di avere ferito qualcuno. Posso dirti che è fuori da quella situazione che inizia la vera, autentica comunicazione con gli altri, perché è uno spazio aperto e sincero in cui, guardate oltre i vostri occhi e andare oltre la colpa.

In quello spazio la comunicazione con gli altri e la vita stessa accadono, e la nostra parte migliore viene fuori proprio da lì.

È in quello spazio – quando non ci nascondiamo e non cerchiamo di allontanare gli eventi – che le nostre qualità migliori iniziano a risplendere.

L’alternativa è che da quella situazione di fallimento sorgano dipendenze di ogni genere, e sono dipendenze perché non vogliamo sentire, perché vogliamo fuggire, perché vogliamo anestetizzarci. Da quella situazione sorgono l’aggressività, la condanna, la violenza e altre cose del genere.

E tuttavia proprio da quella situazione di vulnerabilità, dolore e sensazione di fallimento possono emergere le nostre migliori qualità umane: coraggio, gentilezza, la capacità di prendersi cura veramente uno dell’altro, la capacità di aiutarsi.

A volte puoi prendere la difficoltà e la vulnerabilità e trasformarla in creatività: attraverso la poesia, la scrittura, la danza, la musica, le canzoni. Trasformarle in qualcosa che comunica agli altri. Fuori da quello spazio di difficoltà e vulnerabilità la comunicazione esiste davvero.

Quando si sente di aver fallito è come camminare lungo l’oceano: arriva un’onda molto grande e ti butta giù.

Ti ritrovi sul fondo con la sabbia nel naso e in bocca. E giaci lì e hai una possibilità. Puoi restare lì o puoi alzarti e ricominciare a camminare per uscire dall’acqua.

Ti alzi, perché l’opzione “restare lì” equivale a morire.

Metaforicamente, restare lì è ciò che molti di noi scelgono di fare a quel punto. Ma tu puoi scegliere di alzarti e iniziare a camminare e, dopo un po’ un’altra grande onda arriva e ti butta giù.Ti trovi nel fondo dell’oceano con la sabbia in bocca e nel naso e nuovamente hai la possibilità di restare lì o di alzarti e andare avanti.

Le onde continuano ad arrivare, e tu continui a coltivare coraggio, audacia, senso dell’umorismo per rapportarti a questa situazione.

Tu continui ad alzarti e ad andare avanti.

Dopo un po’ inizierà a sembrarti che le onde diventino sempre più piccole E non ti butteranno più giù. Non è che le onde smettono di arrivare; è che perché ti alleni a sostenere le difficoltà e la vulnerabilità del tuo cuore, le onde sembrano diventare sempre più piccole e non ti buttano più giù.

Quindi questo insegnamento – “ho fallito, fallirò ancora, fallirò meglio” potrebbe davvero tornare utile quando inizierai a sentirti demolito da queste grandi onde e inizierai a d allenarti a puntellare la vulnerabilità del tuo cuore – sapendo prima di tutto che è l’inizio di qualcosa di veramente nuovo nella tua vita., che ti porterà in una direzione completamente diversa.

Ti farà più forte e coraggios*, più disponibile verso gli altri e tirerà fuori i tuoi migliori talenti. Pema Chodron”

Questo ed altri temi sono al centro del percorso di orientamento e riorientamento Fai ciò che sei.
Un caro saluto

Fabio