Febbraio mi ha colto un po’ alla sprovvista. Dopo aver fatto un fantastico check-up medico, con applausi a scena aperta del mio medico per il buono stato generale di salute… mi sono ammalato!

È successo pochi giorni dopo aver scattato questa foto in cui 4 generazioni, una affianco all’altra, (io i miei due figli Elia, Mattia e mio nipote Leo), sul bordo di un fiumiciattolo guardiamo l’acqua scorrere, cercando di vedere i pesci che, spesso, nuotano controcorrente.

È stato un pomeriggio bello, un sole di febbraio caldo.

Subito dopo sono stato ko per una settimana, e devo dire che, avendo fatto due giri di Covid, è stato decisamente peggio. A volte ci spaventiamo per delle etichette, come quella “Covid”, mentre quella che definiamo semplice influenza può metterti in difficoltà ben peggiori.

Una sera non ti nego che ho pensato sarei finito in ospedale: respiro corto, rantolante e una certa agitazione. Poi ho pensato che in fondo era solo una tracheite che aveva riattivato pesantemente la mia asma storica, e questa consapevolezza mi ha fatto addormentare sereno e attendere che le cose prendessero il verso giusto.

La malattia ti obbliga a rallentare a fare cose diverse da quelle che fai solitamente: io dormo tantissimo, riesco a ragionare poco, ma tra un sonno e l’altro leggo molto e si attiva una conoscenza intuitiva che arriva per strade diverse. La malattia, rallentandolo, dilata in qualche modo il tempo.

Io ne ho approfittato e ho riletto un libro, di cui ti parlerò oggi: “Tempo, il sogno di uccidere Chrònos” del fisico Guido Tonelli, e ho iniziato a leggere “Scrivere la mente” di Nicoletta Cinotti.

Sono due letture che mi hanno portato a vedere convergenze, alcuni puntini rossi della mia vita unirsi.

Il libro di Tonelli per certi versi è destabilizzante perché demolisce una delle certezze più assolute. il fatto che il tempo sia qualcosa di immutabile e perenne, in realtà non è così. Ma andiamo per ordine.

Intanto chi è Tonelli? Un fisico del Cern di Ginevra, non un influencer dell’ultimo minuto, uno dei padri della scoperta del bosone di Higgs, una particella elementare che conferisce una massa a tutte le altre particelle, e quindi in qualche modo ne permette l’esistenza in quanto oggetti materiali. E da qui il suo soprannome: particella di Dio.

Tonelli oltre che uno scienziato di rilievo è anche un divulgatore. Oggi sfaccio un tentativo: sintetizzare i passi principali del suo libro. Pronti? Si parte.

“Il ripetersi ciclico è armonia e rassicurazione. Padroneggiando gli oscuri saperi, da cui dipende la regolarità del moto degli astri, i saggi riconoscono e controllano le irregolarità del tempo. Da qui nasce il potere occulto e misterioso delle élite: detengono il potere perché comprendono le leggi del tempo. A loro viene affidata l’organizzazione della struttura sociale, perché hanno messo ordine nel mondo esterno, da cui dipende la vita dell’intera comunità.

Il potere consolatorio delle grandi religioni lenisce il dolore e attenua la paura collocando in un disegno più ampio l’esistenza individuale di ciascuno di noi. Sulla prospettiva di un “aldilà” si sono fondati sistemi etici, regole di comportamento, proibizioni e tabù che hanno caratterizzato intere civiltà. Una visione del mondo che incorpora l’esistenza individuale in una trama di eternità guadagna l’autorevolezza necessaria per definire regole e gerarchie sociali cui tutta la comunità si deve attenere.

Le sottigliezze del tempo non sono sfuggite ai sapienti della Grecia classica che, non a caso utilizzavano parole diverse per sottolineare le tante eccezioni.

Chronos è il tempo che scorre, quello che scandisce l’inevitabile ritorno all’assoluto con la morte: destino ultimo di tutti gli esseri viventi che dall’infinito si sono distaccati costruendosi come entità individuali e differenziate.

E anche il nostro tempo di vita, il tempo degli umani, quello in cui si sviluppa la storia. Aion è il tempo mistico o metafisico, che si può tradurre con Eternità o, semplicemente, vita; e il tempo senza tempo, l’istante perfetto congelato per sempre, lo spirito vitale personificato nel fanciullo che gioca a dadi di Eraclito. Kairos è per i sofisti il momento opportuno, un istante interstiziale tra Kronos e Aion, all’insegna di Ermes. Ottimo senza spessore, che fugge rapido come il Dio alato.

Se siamo tranquilli rilassati stimiamo durate inferiori a quelle reali; quando invece, ad esempio, un malvivente ci minaccia, il tempo scorre molto più lentamente e l’angoscia dilata ogni istante; l’esperienza traumatica viene fissata dalla memoria come se la vivessimo al rallentatore.

Il tempo individuale, soggettivo e personale, differisce dal tempo scandito dagli orologi perché le nostre emozioni possono dilatarlo o comprimerlo a dismisura.

Spazio e tempo risultano strettamente collegati fra loro e dipendono entrambi dalla velocità dei corpi.

Per un oggetto che si muove rispetto a un osservatore esterno il tempo si dilata e lo spazio si contrae nella direzione del moto. Non esiste più un tempo identico per tutti i possibili osservatori dell’universo.

Ovunque sia presente una certa quantità di energia, o una massa, lo spazio-tempo si deforma.

Il grado di curvatura del tempo dipende dalla quantità di massa e di energia e i corpi materiali circostanti seguiranno le linee deformate della nuova geometria.

Nella teoria della relatività generale c’è molto di più, perché si deforma anche il tempo, massa ed energia modificano localmente anche lo scorrere del tempo, più lo spazio si deforma più il tempo si dilata vicino alle grandi masse. Dove il campo gravitazionale è più forte il tempo scorre più lento rispetto a osservatori piazzati in zone di campo gravitazionale più debole.

Il tempo quindi scorre con ritmi differenti in ciascun punto dell’universo e il suo fluire varia nel tempo e punto per punto, in funzione di cambiamenti dinamici della distribuzione di massa ed energia dell’universo intero.

Oggi sappiamo che spazio e tempo vanno a braccetto, ma non sono sempre esistiti, sono nati insieme a massa-energia poco meno di 14 miliardi di anni fa. Insomma se potessimo ignorare la contraddizione, verrebbe da dire che c’è stato un tempo in cui non c’era il tempo.

Le distanze fra sole e pianeti del nostro sistema solare sono enormi se paragonate ai nostri spostamenti abituali sulla terra, ma risultano minuscole in rapporto alla distanza fra le stelle.

La terra dista dal Sole 150 milioni di chilometri, ma da Proxima Centauri, che pure la stella più vicina, ci separano 4,2 anni luce. E un anno luce corrisponde a circa 9500 miliardi di chilometri.

Per avere un’idea delle dimensioni di una galassia si consideri che soltanto per raggiungere il centro della nostra Via Lattea, dovremmo coprire una distanza di circa 26.000 anni luce.

Se invece volessimo visitare Andromeda, la galassia più vicina, dovremmo attrezzarci per un viaggio di 2,54 milioni di anni luce. E ci troveremo ancora nella piccola regione di universo occupata dal nostro piccolo gruppo locale, la famiglia di galassie di cui facciamo parte.

E nell’universo si stima ci siano 170 miliardi di galassie…

Quando le distanze sono così vaste, il concetto di adesso e l’idea della simultaneità perdono qualunque consistenza e si capisce meglio cosa vuol dire che il tempo è locale.

Che senso ha chiedersi cosa succede in questo momento in mondi così distanti? È una questione totalmente mal posta. La nostra nozione comune di tempo non funziona nel mondo delle grandi distanze.

Negli anni sessanta Roger Penrose e un giovanissimo Stephen Hawking pubblicarono una serie di studi fondamentali su una nuova famiglia di strani oggetti.

I due scienziati sostenevano che nel nostro universo esistevano singolarità spazio temporali, luoghi nei quali il tempo si fermava, perdeva di significato, svaniva.

Nel 1967, il fisico americano John Willer, coniava il termine buco nero per indicare quelle che fino ad allora erano stati chiamate stelle oscure.

La gravità sprigionata da questi oggetti è così violenta che ogni fotone emesso dal corpo è destinato a ricadere all’indietro, come ci succede quando lanciamo un sasso verso l’alto, e così anche la luce ne resta imprigionata.

I buchi neri sono corpi astronomici di una densità mostruosa. Anche quelli più imponenti sarebbero completamente contenuti nel perimetro di una grande area metropolitana come Parigi o Londra.

Ma in quel volume, tutto sommato modesto, i buchi neri concentrano la massa di decine di soli. Una tale concentrazione di materia produce una curvatura dello spazio-tempo che tende all’infinito, il che significa che spazio e tempo in quella zona perdono di significato.

Laggiù, al centro, si nascondono le zone misteriose nelle quali il tempo svanisce e vacillano i principi più solidi della nostra fisica moderna.

Ormai risulta chiaro che ogni grande galassia ruota attorno a uno di questi oggetti così imponenti.

Sembra quasi uno scherzo della sorte che le grandi trottole cosmiche, quelle che da sempre ci incantano, e con il loro moto periodico e regolare hanno costruito la nostra visione del tempo, si siano aggregati attorno ai punti in cui il tempo non esiste.

Il perno centrale, quello attorno al quale ruota imperturbabile è meglio la meravigliosa giostra del tempo, è vuoto di tempo.

Anche energia e tempo sono una coppia ben assortita. Il principio di indeterminazione le lega insieme, con una relazione indissolubile, e costringe dinamiche complementari in perfetta sincronia.

Quando l’una cresce a dismisura, l’altro viene compresso su valori infinitesimi e viceversa. Se una prende il centro della scena, l’altro svanisce in lontananza, Ma i ruoli possono invertirsi in un istante.

Se volessimo riassumere in una sola frase la dinamica dell’intero Universo, potremmo dire che si tratta di un sistema chiuso, nel quale i singoli componenti evolvono interagiscono fra loro in maniera che l’energia totale del sistema rimane costante, mentre l’entropia totale aumenta incessantemente.

Un oggetto ha uno stato macroscopico visibile, apparentemente immutabile. In realtà al suo interno esiste un infinito numero di possibilità microscopiche – dalle cellule fino ai singoli elettroni- che aumentano con il passare del tempo. La misura di questi stati è l’entropia. Per mantenere insieme questi stati microscopici in costante aumento è necessaria energia.

In questo nostro mondo, mentre i componenti elementari continuano imperterriti la loro frenetica esistenza, tutti gli oggetti macroscopici si logorano, si consumano e perdono pezzi. Rocce e montagne lo fanno molto lentamente, mentre il processo di degrado delle forme viventi, come piante animali, è assai più rapido. E ancora la crescita dell’entropia a dominare il fenomeno. se un pezzo di parete di una montagna delle Dolomiti precipita nella vallata sottostante e si sbriciola in mille frammenti, questo accade perché gli stati microscopici che corrispondono a questa situazione sono molto più numerosi di quelli nei quali i singoli componenti erano aggregati tra loro a formare la parete.

Nelle forme viventi questi processi sono inevitabili. Il materiale organico è materia organizzata in una forma complessa, energivora e molto delicata.Perché i cicli vitali si mantengano, deve essere rinnovato e riparato di continuo.

Il meccanismo può funzionare per qualche tempo, ma prima o poi la spinta all’aumento dell’entropia prevale. Qualche centinaio di anni al massimo per gli animali più longevi, qualche migliaio per alcune piante molto speciali, ma arriva per tutti il momento in cui le strutture organiche complesse, sempre più danneggiate, ormai copie sbiadite di quelle originali, si ossidano irrimediabilmente.

Il legame con l’ossigeno forma composti più semplici, quasi elementari, e soprattutto molto più stabili, che non hanno bisogno di energia per sopravvivere, cui corrisponde un’entropia di gran lunga inferiore.

Nella nostra cultura di scimmie antropomorfe abbiamo dato un nome speciale a questo precipitare improvviso dei processi di ossidazione: morte. Per i sistemi complessi o i corpi macroscopici non c’è alcuna possibilità di sfuggire al destino ineluttabile che li attende.

L’uso di trucchi e stratagemmi per contrastare l’avanzare del tempo è una pratica antichissima, ma la nostra civiltà ne ha fatto un’ossessione. Su di essa prospera un’industria molto fiorente; non solo ospedali e aziende farmaceutiche che si occupano della salute, ma una vera e propria fabbrica dell’eterna giovinezza che costruisce i profitti sull’illusione di fermare il tempo solo per sè, lasciando tutti i non privilegiati in balia del dominio di Chronos.

Un meccanismo biologico e materiale molto più grande di noi ha fatto sì che fossimo parte di questo lungo ciclo di alternanza di vita e di morte. Una volta entrati, per puro casa, nel ritmo delle genealogie, Dovremmo solo occuparci di utilizzare bene il tempo che c’è stato gratuitamente messo a disposizione. Fossero anche solo pochi istanti.”

Buon tempo a te!

Fabio