Lo so, sono un po’ discontinuo nella mia attività editoriale, ma in queste settimane sono rimasto piacevolmente sorpreso dalla potenza delle pause, dei momenti in cui sospendo le attività ordinarie, per fare altro o, udite udite: per non fare proprio nulla!
E così dopo aver “quadrettato il tuo tempo” oggi diamo valore al vuoto, alle pause. Ieri dopo una giornata particolarmente intensa: una giornata in una SPA non lontano da casa.

È una cosa che a livello teorico puoi trovare in mille articoli e altrettanti libri, e anche io ne ho già parlato, ma c’è un episodio che mi ha fatto molto riflettere.
Come forse saprai, sono un runner dilettante (molto dilettante), passione nata per caso a fine 2018, accompagnando mio figlio piccolo alle lezioni di atletica e poi alla prima corsa campestre.
Nel tempo, con costanza, la mia attività è migliorata sia per durata che per velocità, ma qualche settimana fa mi era sembrato di non progredire, rimanevo fermo allo stesso punto.
Il cuore batteva sempre un po’ troppo veloce e mi obbligava a rallentare, mantenendo i miei risultati allo stesso livello.
Non che io mi aspetti di andare alle prossime olimpiadi, ma insomma mi sembrava di non trovare una strategia che mi permettesse di sentirmi meglio.
Da curioso come sono ho cominciato a cercare sul mio cellulare per vedere se la app che uso per allenarmi avesse qualche suggerimento. L’occhio mi è caduto sulla sezione cardio “corsa a intervalli”… interessante.
Invece di correre i miei soliti 30’ senza interruzioni l’app suggeriva di alternare 5 minuti di corsa ad 1’ di camminata veloce. Proviamo, mi sono detto.
Senza tirarla troppo in lungo dopo due anni di corsa ho fatto 5 km con il miglior tempo, ma soprattutto con una frequenza cardiaca media molto bassa.
Questa cosa che a molt* di voi sembrerà una banalità, a me è sembrata una sorta di folgorazione sulla via di Damasco
Se voglio essere più veloce, nel lungo periodo, devo imparare a rallentare nel breve, in modo scientifico.
Filippo Ongaro, un medico sportivo “prestato” al coaching parla della regola del 2-7-3:
Una pausa ogni 2 ore, nella giornata lavorativa
Un giorno di pausa totale ogni 7 giorni
Un weekend ogni 3 mesi
Io sono meno Stakanov di lui e quindi mi fermo ogni ora 10’ e 2 giorni nella settimana, non per forza sabato e domenica.
Sui weekend sono abbastanza allineato, ogni 2-3 mesi riesco a fare uno stacco e almeno un paio di settimane nel corso dell’anno.
Un’altra cosa su cui ti chiedo di soffermare la tua attenzione è il legame tra spazio e tempo (non la legge della relatività per intenderci). Quando riesco ad andar via anche un solo giorno, ma in un contesto spaziale completamente diverso (mare, lago o montagna, poco importa), la sensazione è che il tempo si dilati e quel viaggio sembri molto più lungo e riposante. Prova a farci caso anche tu.
Qui voglio però specificare una cosa: rallentare o fermarsi per me vuol dire fare proprio questo. Evito nei miei momenti di pausa di fare solo delle cose diverse ma esattamente allo stesso ritmo delle giornate lavorative o, addirittura, con un livello di pianificazione superiore.
Quello lo faccio già per lavoro. Pausa vuol dire fare pausa anche in termini di pianificazione, accogliere quello che arriva e imparare a gustarlo per come è.
Qualunque cosa tu faccia in questo momento questo , ti auguro una splendida pausa, ci risentiamo presto!